Dogana Balorda di Emilio Magni
Nei secoli passati il ponte sul Lambro a Incino (ora Erba) era un luogo obbligato. Era infatti l’unico varco per i traffici tra le città di Como e di Lecco. I Visconti che lo costruirono nel 1500 vi lasciarono impresso il loro stemma con il caratteristico biscione. Forse per una di quelle intuizioni di cui il popolo godeva, soprattutto nei tempi passati, questo ponte fu chiamato “della Malpensata”. C’erano infatti tutte le ragioni di pensar male della locanda e luogo di posta che, come avveniva sempre nelle località di confine e di dogana, sorgevano per dar respiro, riposo e soprattutto svago ai viandanti. E alla “Malpensata” era facile trovare distensione, ricreazione e trasgressioni così tanto praticate e godute da obbligare ad alzare un colossale turbine di preghiere riparatrici, i due parroci, quello di Incino e quello di Arcellasco, le cui parrocchie erano divise dal Lambro e collegate dal visconteo ponte con il biscione. La vecchia e generosa locanda con alloggio e tanti divertimenti sopravvisse fino a oltre la metà del secolo scorso quando ancora si chiamava “Albergo Bologna”. Poi fu trasformata in una pasticceria di un certo pregio e il luogo conquistò improvvisamente un’aria borghese e frequentazioni di gente “chich”, ma perse tutto il suo fascino colorato. Ora lì c’è un anonimo condominio in costruzione. Viene il magone guardarlo e pensare quante sapidi avvenimenti furono vissuti da queste parti. Fino oltre la metà del secolo scorso anche il contrabbando era ancora assai intenso e qui alla Malpensata si raccontavano storie di avventure balorde, o di performance, piene di rischi, nella sala colma di fumo e di miasmi alcolici dell’albergo dal “peccato facile”. Qui a finire la notte e stemperare tensioni giungeva il fior fiore degli “eroi” della fatidica linea di confine tra l’Italia e la Svizzera, frontiera ben più importante